In merito al grande processo di riforma in corso nel Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell'Arte esprime viva apprensione per una marginalizzazione delle competenze storico-artistiche che entra in conflitto con lo spirito dell'articolo 9 della Costituzione, dove la tutela del patrimonio e del paesaggio si salda con la ricerca scientifica.
La Consulta deplora che la professionalità dei funzionari storici dell'arte sia stata compromessa e mortificata da una riduzione di organici affatto inadeguata a garantire non solo la ricerca e la valorizzazione, ma lo stesso esercizio delle funzioni minime di tutela territoriale di un patrimonio artistico senza eguali: espressione di una civiltà che ha inventato e costruito nel tempo sia la storia che la
tutela dell'arte, elaborando modelli che hanno fruttificato nel mondo intero, e ora vengono frantumati e vilipesi dallo stesso Paese che dovrebbe farli funzionare.
Assai grave appare la situazione nelle soprintendenze miste, dove gli storici dell'arte tendono letteralmente a dissolversi di fronte agli architetti. Parimenti ci si chiede come i poli museali regionali e gli stessi musei autonomi, in cui è rimasto un personale tecnico comunque esiguo, riusciranno a far fronte ai notevoli problemi suscitati da nuove forme gestionali ancora da mettere a punto, ma già suggellate dalla nomina dei venti direttori a seguito di un concorso internazionale i cui esiti hanno suscitato non poche perplessità.
A tale riguardo, riprendendo la vibrante dichiarazione dell'Assotecnici (2 settembre 2015), la Consulta esprime rammarico per un verdetto che punisce oltre ogni ragionevole senso delle proporzioni candidati il cui prevalente fattore di debolezza sembra sia stato quello di aver diretto per anni tra immense difficoltà i più importanti musei italiani; e chiede al Ministero di esplicitare con la massima chiarezza non solo i criteri seguiti per le nomine, quanto, soprattutto, il modello di museo (e di ufficio di tutela, e di funzionario) verso cui la riforma dovrebbe tendere. L'impressione è infatti che l'intero processo sia stato sostenuto da una visione tanto superficiale dell'arte italiana e del suo rapporto vitale con il territorio da metterne a repentaglio la sua stessa conservazione.
In tempi in cui il patrimonio culturale dell'umanità è sottoposto ad attacchi inediti e inauditi che non risparmiano le vite dei suoi difensori, riteniamo infatti che il contributo di qualificati professionisti della conoscenza sia non soltanto utile, ma disperatamente necessario, perché essi sono spina dorsale di una società civile e moderna. E dunque chiediamo che formazione, reclutamento e peso degli storici dell'arte vengano vigorosamente accresciuti e alimentati.